9 mesi

Con due giorni di ritardo ecco un breve post sui 9 mesi Down Under... non mi sembra possibile! Quante cose sono successe, quante persone incontrate, quante esperienze, quanti lavori diversi, quante cose imparate, quanti chilometri percorsi... Quanti posti ancora da scoprire, quante miglia ancora da percorrere, quanti amici ancora da incontrare.
Tra tre mesi saro' a casa, mi sembrano cosi' pochi se ci penso! 
Ho lasciato il mio porto sicuro e navigo in acque talvolta tempestose, non ho ancora trovato una baia tranquilla che mi accolga, mi dia un lavoro, qualche soldino da spendere per vedere le mete imperdibili di questo continente. Anche questo fa parte del viaggio, pensieri che mi tengono sveglia la notte, momenti d'ansia che mi assalgono di giorno, speranze che si spengono al suono di un'email. 

'La strada e' vita', niente di piu' vero, caro vecchio J. Kerouac!




Maeve Gardens



Questo viaggio e' iniziato su una vecchia Toyota Corolla che mi e' venuta a prendere al posto concordato in un afoso pomeriggio di novembre. Usciamo dalla citta', percorriamo una strada tranquilla e arriviamo a destinazione. E mi trovo catapultata in un altra dimensione. L'impatto e' stato forte, mi son data tre giorni di tempo per vedere come sarebbe andata e non ho fatto parola su quanti giorni sarei voluta rimanere.

Davanti a me una grande casa fatta interamente di materiale di seconda mano: lamiera, legno, finestre e porte riutilizzate, plastica. Il tutto retto da lunghi pilastri di legno e metallo e circondato per tre lati dalla boscaglia e dalle canne di bambu'. La cucina e' nella parte aperta della casa e consiste in due fornelli e una bacinella per lavare i piatti. Il rubinetto dell'acqua e' invece all'esterno. Il bagno non c'e', e' nel bosco: una sedia, un secchio sotto la sedia e una tenda. Si usa solo per il bisogno numero 2, come lo chiamano qua! Per il bisogno numero uno o si va nel bosco, o si usa una padella d'alluminio e poi si annaffiano le piante. La doccia e' in costruzione. Voi come vi sareste sentiti?
I miei primi pensieri sono stati:
- come faccio senza la doccia?
- che imbarazzo tutto il resto!

A distanza di due settimane, non me ne vorrei piu' andare! Ci ho messo due-tre giorni a capire il tran tran, ma il solo fatto che qua nulla vada sprecato e tutto torni alla natura (acqua, avanzi di cibo, scarti e bisogni) mi fa stare bene. La prima volta che ho fatto la doccia poi mi sono divertita un mondo: una bacinella d'acqua, sapone naturale, una piccola ciotola di cocco e via sotto le canne di bambu. Son persino riuscita a lavarmi i capelli!!!

Le ragazze che vivono qua sono di quelle persone che e' proprio bello incontrare. Persone semplici, profonde, ciascuna con la loro storia e con degli ideali in cui credono fermamente. Sono molto attive su vari fronti, primo fra tutti quello ambientale. Per dieci anni hanno lavorato assieme, con il proprio piccolo circo, facendo spettacoli per far crescere la consapevolezza sull'ambiente e su quanto sia importante preservarlo. Poi si sono trasferite qua, in questa piccola comunita' di donne: si son costruite la casa, il giardino e ogni giorno fanno qualcosa per migliorare il posto in cui vivono. Da poco hanno costruito un soppalco con la loro camera da letto e adesso in costruzione c'e' un piccolo balcone.

Assieme a me c'e' una coppia sulla cinquantina e in questi giorni abbiamo lavorato un sacco. Abbiamo costruito la doccia giapponese (senza acqua corrente, sempre con le bacinelle, ma al coperto e sotto un grande albero, vista colline). 

Abbiamo disboscato il disboscabile. Il bulldozzer ha smosso lo smovibile e via di rastrello a togliere sassi e livellare il terreno per preparare un'area per i prossimi aiutanti. Per pranzo e per cena c'e' sempre qualche delizia, contornata dalle nostre sempre numerose chiacchiere.

Si respira armonia.

La sera ad accogliere i miei sogni c'e Ishtar, un caravan tutto colorato con un letto comodissimo e una rete anti-zanzare del mio colore preferito. Ishtar, dea della fertilita', della pace, della guerra, del sesso, direttamente dalla Babilonia. Da Ishtar si vedono le stelle e ci si addormenta al suono dei grilli.

Come si puo' stare male in un posto cosi'?







Il mercato di Lismore


Lismore, New South Wales. Una citta' nell'entroterra, un centro regionale dove si trovano l'universita', un grande ospedale e tutti quei servizi necessari anche alle localita' vicine. Ci arrivo in un caldo pomeriggio di novembre, la corriera mi lascia sulla strada principale, non tira un filo d'aria. Vago con tutte le mie cose alla ricerca della biblioteca, seguendo le vaghe indicazioni dei passanti. Una ragazza aborigena spinge un passeggino e urla al suo ragazzo dall'altra parte della strada di fermarsi e tornare indietro, piange e poi scompare dietro un angolo. La prima impressione non e' delle migliori, ma quale citta' puo' offrire il meglio di se' nelle ore piu' afose del giorno, quando tutto sembra immobile e le poche persone che s'incontrano sono sedute all'ombra ad aspettare chissa' che.

La prima e la terza domenica del mese a Lismore c'e' il mercato. Con le ragazze che mi ospitano pianifichiamo di andare; me ne parlano e me lo immagino come un grande mercato, con file di bancarelle colorate, all'aria aperta in un piazzale. Completamente diverso da come in realta' e'. Domenica piove e partiamo presto per raggiungerlo, prima che si affolli. Arriviamo alla meta ed ecco il mercato: in un parcheggio coperto, non sotterraneo, ma quasi. Per meta' occupato dalla auto in sosta, per meta' dalle bancarelle. Mi avventuro con poca convinzione tra bancarelle di bigiotteria, file di libri di seconda mano che hanno vissuto almeno altre tre vite, vestiti piu' o meno belli, piu' o meno usati. Poi ci sono le bancarelle di dolci, marmellate, conserve fatte in casa, piante e semi. Un'area e' riservata al cibo e gia' a meta mattina comincia ad affollarsi.
Ci concediamo un caffe' al suono di una piacevolissima live country music e senza troppo impegno osservo la gente che passa. Famiglie numerose, spesso genitori giovanissimi e ancora piu' spesso per nulla in forma; passeggini, carrozzine, bambini vocianti e ancora un pancione che cresce. Sembrano vestiti tutti un po' come capita, senza stile. Non passano inosservati alcuni hippies, la cui gioventu' e' ormai lontana, il fascino e i sogni rubati dal tempo.

Ogni mercato regala pero' qualche chicca: tra i libri usati trovo una cassetta con i libri di viaggio che mi tiene occupata per un bel po'. La scelta ricade su un diario di viaggio negli Stati Uniti (cerchero' di non lasciarmi ispirare!). Poi arrivo alla bancarella delle creme alla calendula, una pozione a quanto pare miracolosa. Mi colpiscono i pareri positivi di chi l'ha usata e allora prendo il barattolo piu' piccolo che c'e' ed e' l'acquisto migliore che potessi mai fare, perche' i miracoli li fa per davvero!

s...s...s...serpenti!

In Australia vivono i serpenti piu' pericolosi al mondo, questo e' un fatto credo conosciuto, ma per nulla rassicurante, ora che sono qui! I serpenti non cercano l'uomo e se lo mordono e' perche' si vedono in pericolo; la maggior parte delle volte quindi scappano appena ci si avvicina. Come da noi quando si va nel bosco e' meglio avere gli scarponi, cosi' qua quando ci avventura nelle radure o si lavora in campagna, e' meglio avere qualcosa che copra la caviglia, solitamente gli stivali di gomma. E occhi sempre bene aperti! 
In nove mesi che sono qui di serpenti non ne ho mai visti, pur avendo lavorato in campagna... bene, negli ultimi 10 giorni ho avuto 5 incontri ravvicinati, di cui quattro con quei serpenti il cui morso puo' essere fatale... cose che passato il pericolo, ti resta comunque addosso la paura!

Il primo incontro ravvicinato e' avvenuto a Byron Bay, mentre passeggiavo in compagnia lungo la costa. Un sentiero piu' che accessibile, tanto che la maggior parte delle persone ci va in infradito. Parte e' esposto, parte nella boscaglia e mentre te la chiacchieri non e' che fai proprio attenzione ad ogni singolo passo. Male, perche' a un certo punto con la coda dell'occhio mi accorgo che per 2-3 centimetri non ho messo il piede sopra un serpentello che per fortuna ha fatto dietro front e si e' anche lasciato fotografare. Ancora piccolo lui, ma velenoso. 

Da qualche giorno vivo in un posto immerso nella natura, boscaglia, colline incolte, canne di bambu'. La sera in cui sono arrivata una delle ragazze che vive qua mi ha detto che dei ragni non mi devo preoccupare, non fanno nulla. Possono non piacermi, ma paura non ne devo avere. Mi raccomanda invece la massima attenzione coi serpenti, perche' qua sono di casa. Non finisce di parlare, che ne vediamo uno strisciare tra i fornelli e le pentole e aqquattarsi in un angolino, dove restera' per tutto il tempo che lavo i piatti: e' un piccolo pitone, assolutamente innocuo (peccato non avere abuto la digitale a portata di mano!)

Il giorno dopo, una giornata calda e afosa. Nel pomeriggio esco dal caravan ed eccolo li', un bel serpente che striscia su un mucchio di sabbia e poi si nasconde nelle erbacce. Prontamente scatto una foto che poi esaminiamo: "Eastern brown snake", il secondo serpente piu' velenoso d'Australia. Ottimo direi. Per alcuni giorni non si e' piu' visto. 
Oggi, sempre sotto il sole del pomeriggio, mentre cammino sulla stradina sotto casa, faccio la curva e me lo trovo davanti. Resto immobile e chiamo una delle ragazze, che mi urla di non muovermi. Assieme lo vediamo alzare la testa e tornare tra le canne di bambu'. E' stato tutto abbastanza veloce, passato il pericolo e' arrivata la botta di paura, son salita in casa che nonostante i 30 gradi all'ombra mi sa che ero bianca! Paura perche' sono veloci, perche' ero in giro in infradito (e ridaie!), paura perche' tu stai immobile cosi' che loro non ti sentono, ma non sai che direzione prenderanno. Due ore piu' tardi, mentre in giardino trapaniamo, martelliamo e tagliamo legna, ce lo rivediamo a due metri di distanza che striscia nell'erba: immobili lo guardiamo allontanarsi, come se fosse completamente ignaro della nostra presenza. 

Mi hanno soprannominata 'la ragazza dei serpenti', ma spero di cuore di non attirarne altri.

Byron Bay nel cuore

Byron Bay, New South Wales. Un piccolo e sconosciuto paesino fino al 1963; quell'anno alcuni surfisti hanno scoperto 'The Pass' e negli anni seguenti la cittadina si e' riempita di coloro che nella vita seguono le proprie passioni: artisti, musicisti, surfisti che sanno che sulle sue spiagge possono trovare la propria onda, anime libere. Attraversando le sue stradine piene di negozi e ristoranti si respirano rilassatezza ed energia allo stesso tempo. I corsi di yoga non si contano, il surf e' una filosofia, i massaggi si possono fare ovunque; le erboristerie curano il corpo, ma soprattutto l'anima. Chi ci vive vuole conservarne le dimensioni e lo spirito, nuove cantieri ne rovinerebbero lo charme. Sulla spiaggia c'e sempre gente, tanto che ti chiedi se qua lavorano o si dedicano solo al surf. I rasta sono tanti, i tatuaggi tantissimi, la pelle dorata o color cioccolata, infradito d'ordinanza quando non si cammina direttamente scalzi.
La natura tutt'attorno predomina. Un lembo di terra esce verso il mare, la passeggiata verso il faro regala emozioni e riempie il cuore. Si incontrano iguane, tacchini selvatici, ibis e personalmente anche un serpentello che per un pelo non mi e' finito sotto gli infradito. Il mare invece e' il regno di delfini che giocano tra le onde, balene in transito due volte all'anno, squali che dicono non essere pericolosi. L'oceano si estende nella sua immensita', si guarda l'orizzonte e si immaginano terre lontane mentre si raggiunge il punto piu' a est di tutta l'Australia, dove la foto e' ovviamente di rito. L'oceano ha una forza pazzesca e lascia che le sue onde si infrangano sugli scogli per poi riprendersele. Il tramonto ne cambia i colori ed echeggia lontano il suono dei bonghi.
E' un posto unico e chi la visita raramente va a casa lamentandosi, ammesso che a casa ci torni!

Byron Bay resta nel cuore. Soprattutto se ti regala nuovi amici con cui vivere tutto questo. Ho incontrato alcuni ragazzi italiani, grazie a Facebook e agli Internet point imballati di backpackersche cercano una connessione gratuita per chiamare casa, cercare lavoro, restare connessi col mondo. E' sempre un piccolo salto nel buio quando ti incontri, ma se poi c'e' sintonia tutto viene da se'. E speriamo che le nostre strade si incrocino presto di nuovo, magari proprio qui, per potercela vivere con un lavoro che ci dia qualche soldo in piu' e qualche pensiero in meno.

...viaggiatori solitari


Rieccola qua, forte piu' che mai, quella sensazione di essere improvvisamente di nuovo soli. Soli perche' ancora non si conosce nessuno nel posto in cui si e' arrivati. Fa parte del viaggio, ma io ancora non riesco ad abituarmi.

Cosi' come mi e' capitato altre volte, ci sono cose o persone che passano nella tua vita al momento giusto; cosi' oggi, mentre camminavo sulla spiaggia e cercavo la via per il faro, incontro un'altra anima solitaria che come me cercava un'indicazione. Due parole e poi ci incamminiamo assieme. Una delle prime cose di cui ci capita di parlare in questo pomeriggio di novembre e' proprio questa: il viaggio in solitaria. Quanto sarebbe bello viaggiare in compagnia, soprattutto quanto sarebbe bello avere i propri amici qua, gli amici di sempre, quelli con cui hai condiviso tante piccole grandi avventure. O la propria famiglia. Soprattutto quando vedi dei posti splendidi e vorresti ci fossero anche i loro occhi ad ammirarli con te. Spedisci le foto, ma spesso il risultato e' l'opposto di quel che vorresti, perche' piu' che condivisione creano invidia. O quando assaggi qualcosa di nuovo, o scopri un posticino carino, o ascolti della musica per la strada.

E' vero, sulla via di amici ne incontri di nuovi e qualche pezzetto di strada lo percorri assieme, ti apri, ti racconti, condividi i pensieri e ti consigli, ma e' anche vero che poi spesso ciascuno chiude la propria valigia e procede per la propria strada. Per me fin'ora e' stato cosi'.

E' di solito una solitudine passeggera, ma quando arriva ne sento tutto il peso. Allora per ritrovare il sorriso penso alle persone incontrate fin'ora, agli amici oltreoceano che sono solo a una chiamata, un messaggio o un'email di distanza; penso ai nuovi incontri, alle nuove mete, agli abbracci che mi stringeranno quando tornero' a casa. Penso che sono fortunata, perche' sono solo distante.  



Sydney, la signorina col vestitino estivo

Quanto mi e' piaciuta Sydney? Tanto, davvero tanto. Sono arrivata di mattina presto e ancora sonnecchiando ho cominciato a girarla col naso all'insu', vista l'altezza dei grattacieli! Dalla stazione centrale mi sono diretta prima in ostello e poi verso l'Harbour Bridge e l'Opera House... e quando me li sono trovati davanti sono rimasta a bocca aperta: che splendore!

Il ponte e' grandissimo, imponente, collega le due rive nel loro punto piu' stretto e sopra ci passano la ferrovia, una strada a non so quante corsie, una corsia per i ciclisti e una per i pedoni. Ai piedi di uno dei pilastri del ponte si trova The Rocks, il primo insediamento europeo, un tempo rifugio di marinai e galeotti, un posto squallido, dove il numero dei bordelli eguagliava quello dei bar; pur essendosi traformato, un tocco di storia e' ancora presente negli edifici di mattoncini rossi e negli alberi delle navi, ora ornamento.

L'Opera House, sulla destra, si erge imponente su un'altra estremita' del porto, circondata da turisti che l'ammirano e l'immortalano. Le sue forme si rifanno alle vele bianche di uno yacht che attraversa il mare (o come dicono alcuni locali, un congresso di tartarughe). Proseguendo la passeggiata, si arriva al giardino botanico e superando un'altra insenatura, le icone di questa citta' possono essere ammirate assieme, l'una accanto all'altra. E poi c'e Bondi Beach, una delle spiagge piu' conosciute e quando ci arrivi capisci il perche': un'ampia insenatura, sabbia chiara, acqua cristallina, surfisti; ricchezza da una parte, natura dall'altra. La costa e' poi un continuo susseguirsi di vere e proprie opere d'arte create dall'oceano col suo incessante movimento: scogli a picco, rientranze e sporgenze, rocce arrotondate. Ho attraversato tre diverse spiagge e su ognuna ho contato un numero incredibile di surfisti che aspettano pazientemente le onde e nuotano, nuotano, nuotano lontano dalla riva, senza paura.

Sydney e' cosi', la citta' che tutte le altre citta' australiane amano odiare, forse perche' tutte vorrebbero essere come lei: baciata dal sole, sofisticata, sicura di se'. Mi piace pensarla come una signorina con un abitino estivo, leggera e attraente nella sua spensieratezza.



...in viaggio...

La Perla Nera l'ho trovata, a Williamston, in un ventoso e piovoso pomeriggio di ottobre. L'ho vista solcare il mare a vele spiegate e tornare in porto poco dopo. L'ho vista da vicino. E sono pronta a salirci e a mollare gli ormeggi. Sulla mia rotta incontrero' Sydney e approdero' a Byron Bay: natura, mare, surf, spiaggia, stile di vita hippie
E' un lungo viaggio, 1700 km circa. 
Ha il sapore della liberta'.

Con una lacrimuccia saluto Melbourne e gli amici incontrati qua.
E' stato splendido :)




Sulla Great Ocean Road


Domenica, ci svegliamo all'alba, una dose abbondante di caffe' e Gocciole, zaino in spalla e via a prendere il primo tram verso la citta'. Ci seguono dall'alto 5 mongolfiere, che attraversano il cielo in un'alba timida. Un piccolo pullman ci viene a prendere, lungo la strada si riempie e siamo tutti pronti per una domenica sulla costa.

La prima fermata e' Bells Beach, si, proprio quella del film Point Break, proprio quella dell'onda perfetta. Mare calmo e tanti tanti puntini neri: una volta scesi vediamo che ci sono una miriade di surfisti. Li vediamo anche all'opera: chi fa colazione scrutando le onde, chi tavola sotto il braccio s'incammina verso la spiaggia, chi e' gia' pronto a divertirsi tra le onde. Alla prima tappa siamo gia' incantati. 


Procediamo l'avventura sulla Great Ocean Road, una strada panoramica che per chilometri affianca l'oceano, costruita a piu' riprese e terminata dopo la Prima Guerra Mondiale. Un susseguirsi di spiagge da una parte, boschi, prati, colline e foreste dall'altra. L'autista si ferma innumerevoli volte per farci fare qualche fotografia perche' ne vale la pena.


Sostiamo poi in una riserva naturale dove vivono quasi indisturbati i koala, molto difficili da scovare tra gli alberi. Il giorno prima un piccolo koala si e' arrampicato sulla gamba di una ragazza finendole in braccio. Guardate un po': http://www.heraldsun.com.au/travel/wild-koala-climbs-tourist-for-a-quick-cuddle/story-e6frfhb6-1226503788295




Pranzo rigorosamente sulla riva dell'oceano ad Apollo Bay, altra splendida localita' con un mare turchese. Poco distante, a Otway, la foresta pluviale, con degli alberi altissimi e altri che formano delle vere e proprie sculture naturali. 

  
E poi arriviamo la' dove eravamo diretti. Quei 12 apostoli che tutti nominano. Quei posti che se sei in Victoria non puoi non vedere, una delle sue icone. 
Viene descritto come 'lo scenario costale piu' spettacolare dell'Australia.' 
E quando ce lo troviamo davanti capiamo il perche'. 
E'  s e m p l i c e m e n t e  m o z z a f i a t o.
Quanti scatti, quante pose, quanti 'wow'.
Uno spettacolo della natura, il mare che nei secoli ha modellato la costa e queste scogliere altissime. L'acqua che si infrange sulle rocce, in un lavoro interminabile. L'oceano che con la sua forza ha fatto cadere anche alcuni degli apostoli, che non sono piu' 12. 
Li vediamo dall'alto, dall'alto della scogliera, da un sentiero panoramico pieno di gente. 

Credo siano la cosa piu' bella che abbia mai visto fin'ora.













Ecco qui qualche scatto del nostro tour. L'ultima tappa e' stata dedicata al London Bridge, costruito dalla natura e non dall'uomo. C'e' una storia divertente che lo riguarda, credo che meriti un post a parte e qualche ricerca 'storica'. 


"I sogni hanno bisogno di sapere che siamo coraggiosi."